sabato 3 aprile 2010

Nazione e classe operaia (1920), di Heinrich Laufenberg e Friedrich Wolffheim

Il comunismo è la dottrina della lotta di classe del proletariato nella società capitalistica. Il suo obiettivo è la distruzione del sistema capitalistico mondiale e la sua sostituzione con una Comune dell'economia mondiale.

Lotta e obiettivi sono internazionali. Borghesia e proletariato sono condizionati nella loro esistenza dal modo di produzione capitalista. La lotta tra borghesia e proletariato attraversa ogni singola nazione, lacerandola in campi avversi attraverso la contraddizione di classe. Tuttavia, dato che le classi possono esistere solo finché dura la società capitalista, alla fine della lotta ci sarà l'abolizione delle contraddizioni di classe in tutti i paesi grazie alla vittoria del proletariato. Nel momento in cui il proletariato ha distrutto il modo di produzione capitalista e con esso la società classista, il capitalismo e il lavoro salariato, il proletariato abolisce la borghesia e se stesso come classe nulla-tenente. In questo modo il proletariato elimina le basi per le differenze di classe all'interno delle nazioni.
La società comunista pone tutti i membri del popolo come liberi e uguali.
La società comunista nascerà dal lavoro socializzato del popolo senza classi, e il suo completamento sarà una confederazione dell'economia di tutti i popoli senza classi nella Comune Mondiale.
La lotta rivoluzionaria del proletariato che nasce nel seno della nazione borghese afferra le tendenze rivoluzionarie che si trova davanti fin dall'inizio. Quando la società borghese entrò in conflitto contro i poteri feudali per ottenere la sua struttura politica, il proletariato combatté nelle prime file della borghesia come il più energico strato sociale della rivoluzione. Dopo la vittoria della borghesia sul feudalismo, il proletariato si ingaggiò in una nuova lotta rivoluzionaria: mentre appoggiava l'ala rivoluzionaria della borghesia, combatteva contemporaneamente per il raggiungimento del suo obiettivo di classe, cioè l'allargamento della sua base rivoluzionaria contro la classe borghese.
Il processo storico della rivoluzione borghese mostra che la lotta emancipatrice borghese sviluppa i temi della liberazione dell'umanità, ma è tuttavia incapace di risolvere il problema del superamento della società borghese. Tutti questi problemi ricadono sulle spalle della lotta proletaria. Il tema più importante, quello su cui tutti gli altri convergono, è l'organizzazione della nazione. Infatti, l'espressione politica della società borghese è lo stato borghese che cerca di organizzare la nazione come sua base di fatto. E dato che questo tipo di organizzazione le è riuscita male come la soluzione di tutti i problemi dell'umanità creati dalla società borghese, il proletariato, per realizzare la sua emancipazione, deve conquistare e distruggere lo stato borghese, e è obbligato a ripartire dai compiti che la rivoluzione borghese ha lasciato inattuati.
La posizione del proletariato nei confronti della nazione fu esposta nel Manifesto di Marx: "I lavoratori non hanno patria. Non gli si può togliere quel che non hanno. Nella misura in cui il proletariato deve conquistare il potere politico, ergersi a classe nazionale e costituire se stesso come nazione, è ancora nazionale seppur non nel senso borghese".
I proletari sono senza-beni e senza-terra. E come senza-terra sono anche senza patria.
Lottando per distruggere la società borghese il proletariato dirige la sua lotta contro lo stato borghese e contro l'organizzazione borghese dello stato. Ma nel momento in cui il proletariato si aggrega all'interno dello stato borghese come classe nazionale per sollevare la sua organizzazione di classe al livello di organizzazione nazionale attraverso il superamento dello stato borghese, si impadronisce della terra e delle sue ricchezze. Così cessa di essere spossessato, senza terra e senza patria. Così il proletariato è diventato esso stesso nazione e non può più esser anti-nazionale perché non può andare contro se stesso.
Diventa così il portatore della cultura nazionale e dell'idea nazionale. Questo processo di trasformazione inizia con la lotta per il potere, con l'esplosione della rivoluzione proletaria.
La Commune di Parigi del 1871 fu il primo tentativo di instaurare una dittatura proletaria, cioè un'organizzazione statale proletaria. La Francia bonapartista aveva perso la guerra; la borghesia francese per paura di dare armi al proletariato preferì fare compromessi da traditori col nemico; allora il proletariato di Parigi insorse per organizzare la resistenza e per proteggere la repubblica nata dal crollo del II Impero dagli artigli della borghesia francese e dei conquistatori stranieri.
Parigi era la capitale di uno stato fortemente centralizzato e il suo proletariato, nel momento in cui prese il potere su questo stato, si pose immediatamente il problema della questione nazionale.
E' interessante notare che Marx, capo della I Internazionale del 1863, sollevò subito il problema del significato della politica nazionale de La Commune e la necessità di una organizzazione nazionale per la politica rivoluzionaria del proletariato.
Marx scrisse: "(...) In un progetto dell'organizzazione nazionale che La Commune non ebbe tempo di elaborare, c'è scritto espressamente che la municipalità avrebbe avuto la stessa amministrazione di un villaggio e che l'esercito permanente sarebbe stato sostituito da una milizia popolare di leva temporanea. I comuni di ogni distretto avrebbero amministrato gli affari attraverso un assemblea di delegati scelti nel capoluogo di distretto e a sua volta questa assemblea avrebbe inviato i suoi delegati a l'Assemblée Nationale a Parigi. I delegati potevano essere sostituiti in ogni momento e erano legati alle deleghe dei loro elettori. Le poche ma importanti funzioni che restavano in mano al governo centrale non sarebbero state eliminate ma attribuite a delegati legati da una stretta responsabilità (verso gli elettori). L'unità della nazione non sarebbe stata frantumata, bensì organizzata attraverso una costituzione comunale. Sarebbe dovuta diventare una realtà attraverso la distruzione del potere statale il quale si presentava come la realizzazione dell'unità statale, mentre invece era una escrescenza parassitaria sul corpo della nazione".

Questo breve progetto descriveva la completa costruzione di uno stato proletario. Inoltre grazie alle rappresentanze dei lavori delle attività produttive, questo progetto coincide col moderno sistema consiliare, come noi lo concepiamo: organizzazione di amministrazione autonoma su base federalistica, con membri intermedi centralizzati e un vertice governativo eletto da quella che Marx ancora chiamava Assemblée Nationale (parlamento nazionale). Un sistema basato su una progressività gerarchica in cui ogni delegato può esser revocato dai suoi immediati deleganti.
Anche la Costituzione sovietica non può far a meno di riconoscere e legalizzare espressamente il diritto all'autodeterminazione delle nazioni. Nel secondo paragrafo del I articolo della dichiarazione dei diritti dei lavoratori si legge: "La repubblica russo-sovietica è basata sulla base di una federazione di libere nazioni".
Se l'Ufficio della III Internazionale di Mosca si arroga il diritto di sottoporre tutti i paesi alla dittatura dei politicanti del partito comunista russo, entra in conflitto non solo contro la praxis scientifica del comunismo, ma anche contro i princìpi costituzionali di uno stato proletario.
Il termine "nazione" è di origine latina e nell'antichità non ha una valenza corrispondente all'uso politico odierno. Questo termine definisce quello che noi chiamiamo "Landsmannschaft".
Solo nel medioevo questa parola assume un valore politico. Il dominio della nobiltà tedesca e dei liberi contadini, che si estendeva dalla foce del Rhein della Maas e della Schelde fino al Kurland, ai Carpazi e al sud fino all'Italia, a cui furono aggregati Polonia, Ungheria e Spagna (attraverso incroci dinastici), tutto questo fu chiamato Sacro Romano Impero della Nazione Tedesca.
Più tardi i concetti di stato e nazione diventarono un marchio dell'era borghese.
La lotta politica della borghesia fu fatta contro il potere feudale e la sua organizzazione economica e statale. L'economia feudale è un economia a riproduzione semplice. Ogni villaggio, ogni città producevano quello che loro stessi consumavano. Il loro ristretto commercio di scambio si limitava a generi di lusso. Una barriera di dazi e gabelle si estendeva su tutto il paese, per mantenere la protezione dell'economia locale. Questo modo di produzione corrispondeva all'organizzazione statale. Si basava su rapporti di vassallaggio personali. Indipendentemente dalle differenze tra i vari popoli lo stato feudale poteva estendersi finché potevano stabilirsi rapporti di vassallaggio con i proprietari terrieri. L'economia e l'organizzazione statale borghese sono diversi. L'economia borghese si basa sullo scambio. Quanto più l'economia borghese si generalizza, tanto più assume tratti capitalistici. Per questo, l'economia borghese è interessata a eliminare tutte le barriere doganali interne, in modo che possano sorgere aree sempre più vaste in cui siano unificate la lingua commerciale, i costumi, le abitudini, le leggi. Il tutto controllato da un potere fortemente centralizzato al servizio delle forze capitaliste che tendono a impadronirsi del mercato interno e a sviluppare la loro superiorità rispetto alla mini-produzione feudale. Questo sviluppo si concluderà con la concorrenza tra le forze economiche dei diversi paesi capitalistici.
Perciò, dalla contrapposizione storica tra i sistemi statali ed economici borghese e feudale deriva che la fusione di diverse nazionalità in un intero popolo all'interno di una unità nazionale, cioè di una grande nazione, rappresenta l'obiettivo della politica borghese-capitalista.
Tuttavia, lo stato borghese non è in grado di realizzare questo obiettivo. Nemmeno in Francia dove si è lottato per secoli per raggiungere la creazione di uno stato nazionale, si è riusciti a unire tutte le nazionalità in una entità statale.
Questa incapacità deriva dal modo di produzione capitalistico.
Economia di scambio e concorrenza sono il leitmotiv della creazione e demarcazione reciproche delle aree economiche.
Come un tempo nel mondo feudale gli interessi generali dell'uomo erano subordinati agli interessi personali dei signori feudali, così questi interessi generali vengono subordinati agli interessi dei mercati.
Dal momento che la libertà borghese e la sua uguaglianza si rivelarono non esser altro che libertà per lo sfruttatore di sfruttare le classi nulla-tenenti, cosa altro poteva essere la nazione, che nasceva dalla lotta di classe borghese, se non un organismo per realizzare una realizzazione pianificata dell'economia capitalista, interessata non agli interessi generali della popolazione, bensì solo agli interessi particolari dei proprietari di danaro e merci?
Nella misura in cui la borghesia si impadronisce del potere, la politica dello stato diventa una coalizione di interessi economici opposti a quelli di altri stati. Di conseguenza il problema della sistemazione dei confini nazionali diventa un problema di potere politico al servizio degli interessi del capitalismo.
Laddove gli interessi capitalistici richiedono il controllo di foci fluviali, di centri economici, di ricchezze naturali e di strade commerciali, laddove la borghesia capitalista ha preso il potere, vengono messi i confini corrispondenti ai suoi interessi privati e i popoli vengono messi gli uni contro gli altri.
Con lo sviluppo del commercio mondiale comincia lo scontro per il controllo dei porti e delle coste, il quale ingloba all'interno delle singole nazioni gli interessi coloniali e subordina la geopolitica continentale (europea) ai rapporti di forza nelle colonie.
Nella loro ingordigia di assicurarsi monopoli e domini, le borghesie in competizione mettono un popolo contro l'altro; si inghiottono frazioni di popolazioni all'interno del loro stato, creano stati artificiali, che di per sé non sono nemmeno in grado di sopravvivere e che non hanno nemmeno diritti all'esistenza, ma che devono la loro esistenza alla rivalità delle grandi potenze.
E così come gli apparati militari centralizzati corrispondono alla politica centralizzata dello stato borghese, l'esercito viene rafforzato, in quanto mezzo della politica capitalista per imporre la disgregazione dei popoli più deboli.
La borghesia è incapace di attuare libertà e uguaglianza e tanto meno è in grado di organizzare i popoli in un quadro nazionale. Mentre opprime classi della propria popolazione inquadrati nel meccanismo statale, si incorpora popoli appartenenti a altri stati, separandoli dai loro connazionali. Incapace come è nell'organizzare delle nazioni, la borghesia corrompe il concetto di nazione, sostituendo al concetto di appartenenza a un popolo, quello di appartenenza a uno stato. In questo modo trasforma il concetto di nazione in quello di nazionalità.
Dato che nello stato borghese la nazione diventa nazionalità, la liberazione di una nazione dipende dalla distruzione dello stato borghese.
Solo la distruzione della nazione può eliminare il concetto di nazionalità e permettere a popoli separati e lacerati di riunirsi in nazioni; solo la rivoluzione proletaria può raggiungere questo scopo.
La distruzione della federazione dei principati tedeschi con la rivoluzione del 1918 spazzò via in un sol colpo lo sviluppo che la Germania aveva intrapreso a partire dalla rivoluzione del 1848. Gli organi politici nati con la rivoluzione del novembre 1918, i Consigli, ebbero immediatamente nelle loro mani l'intero potere sia nelle schiere dell'esercito che in quelle popolari.
Questi Consigli non si sentirono impegnati a preoccuparsi dei nuovi confini imposti alla stato federale tedesco sconfitto, in quanto la loro preoccupazione principale fu quella dell'instaurazione di una politica nazionale che eliminasse gli interessi dinastici che fino a allora avevano impedito la realizzazione di una organizzazione popolare.
I fachiri socialdemocratici con le loro appendici di ululanti sciamani indipendenti e di analfabeti spartakisti, si erano immaginati che la rivoluzione si potesse attuare senza problemi, se i politicanti dei partiti operai si fossero messi a sedere davanti alla mangiatoia dell'amministrazione statale, una volta cacciata via la casta dei prìncipi. Pensavano di risolvere tutto facendo risuonare come fauni in costume da bagno i flauti pacifisti delle "wilsonate" internazionali. Senza capire che la rivoluzione richiedeva un'organizzazione della Germania completamente nuova e che questa si poteva ottenere solo attraverso il consolidamento dei Consigli rivoluzionari e della classe rivoluzionaria stessa; viceversa cercarono di gestire un apparato statale che restava nelle mani di quelli che lo avevano costruito. A questa folle politica si accompagnò un crollo all'interno, un caos economico e una lotta di tutti contro tutti che consegnò la Germania mani e piedi agli sciacalli della Lega delle nazioni.
Gli avvoltoi della finanza mondiale che tremavano davanti alla forza della rivoluzione russa, non si immaginavano nemmeno, secondo le loro stesse ammissioni, di poter spremere dalla rivoluzione tedesca quello che la vigliaccheria socialdemocratica gli ha consegnato. Il governo socialdemocratico coalizzato con gli agenti tedeschi della finanza internazionale hanno firmato il trattato di Versailles, sebbene sapessero che la sua realizzazione avrebbe per sempre cancellato dall'atlante la Germania come stato indipendente e avrebbe seppellito il suo popolo come letame culturale e carne da cannone. Il naturale prodotto dell'acrobatica socialdemocratica è l'accordo di Spaa che almeno ha prodotto un risultato: cioè che dopo due anni di castrazione della rivoluzione la classe operaia tedesca si sta sollevando di nuovo per liquidare quei banditi che per difendere i loro interessi hanno coscientemente impedito il consolidamento della rivoluzione e la formazione di un nuovo stato.
Ogni organizzazione statale si basa su un apparato politico-burocratico e su una fusione di masse popolari che sono sottomesse a questo apparato.
In ogni stato la classe dominante è quella che possiede il vero potere, quello delle armi.
Per ogni nuova organizzazione statale si rende perciò necessaria una organizzazione che abbia il controllo degli armamenti.
Il proletariato, prendendo il potere, organizza l'armamento dei proletari che creano i loro organi di controllo nella distribuzione delle armi. Sull'organizzazione degli armamenti si basa la dittatura del proletariato. L'uguaglianza nel diritto all'uso delle armi corrisponde all'uguaglianza di tutti gli altri diritti. Questa uguaglianza di potere e di diritti esclude ogni violazione da parte di gruppi con interessi personali. I Consigli nascono dalla classe operaia in armi come strumenti per la dittatura proletaria. La dittatura proletaria viene organizzata attraverso la loro coesione in tutto il paese e attraverso il controllo dal basso. Lo stato proletario così formatosi detta le proprie leggi e impone il loro riconoscimento con tutti i mezzi di potere statale.
Lo stato proletario è una organizzazione popolare che non riconosce nessun potere al di fuori di quello popolare. Il proletariato, armandosi come classe, crea una sua organizzazione e usa il potere ottenuto attraverso le armi per estendere l'organizzazione di classe fino a farla diventare organizzazione di popolo. L'armamento del proletariato distrugge insieme allo stato capitalista, le fondamenta dell'organizzazione di classe della borghesia e cancella ogni suo influsso politico. Il monopolio della borghesia sui mezzi di produzione viene eliminato, le sue organizzazioni economiche vengono sciolte, l'economia nel suo complesso passa sotto il controllo della società.
Per prevenirsi da ogni possibile ritorno al potere della borghesia, il proletariato distruggerà i privilegi che la borghesia possedeva nella società borghese.
In tal modo la borghesia cessa di esistere come classe, e di lei resteranno, al di fuori del proletariato, solo singoli individui, residui della classe borghese distrutta. Il proletariato distribuirà questi individui all'interno delle sue organizzazioni di classe, imponendo a ogni individuo l'adempimento di un lavoro socialmente utile. Tutte le professioni borghesi che nello stato borghese avevano un utilità sociale - medici, tecnici, insegnanti e specialisti di ogni tipo - eserciteranno le loro attività sotto controllo pubblico in collegamento con gli organi consiliari.
Nella misura in cui si estende l'inserimento delle precedenti professioni borghesi all'interno dell'organizzazione proletaria, si allarga anche la base democratica della dittatura proletaria. La premessa perché gli ex tecnici borghesi abbiano parità di diritti coi proletari è il loro volontario adeguamento al sistema socializzato creato dal proletariato. Nei casi di resistenza o sabotaggio saranno ovviamente prese le contromisure. Quelli che finora si erano abituati a guadagnare senza lavorare - speculatori, rentiers, farabutti etc. - e si rifiutano di cooperare con l'organizzazione statale socializzata, saranno privati dei diritti civili e saranno considerati come soggetti al potere dello stato. Da ciò ne consegue che in uno stato operaio tutti diritti sono condizionati all'esecuzione di lavori socialmente utili.
La lotta di classe del proletariato si realizza in tutti i paesi come lotta contro la propria borghesia e contro il proprio stato. Dovunque il proletariato ha preso il potere sorge con la nascita dello stato proletario la premessa per la creazione di una organizzazione nazional-popolare.
L'organizzazione armata del proletariato ha come scopo quello dell'inserimento forzato o volontario della borghesia nelle file del proletariato. In questa reciproca penetrazione si giungerà all'abolizione delle contraddizioni tra proletariato e borghesia col conseguimento di un unità sociale più elevata.
La completa realizzazione dell'organizzazione del popolo attraverso il proletariato eliminerà i confini statali capitalistici. Eliminerà le nazionalità e attuerà l'unità nazionale dei popoli. Per la prima volta nella storia i popoli si presenteranno come unità culturali omogenee. Unità linguistica, storica, economica e unità culturale: queste saranno le basi per i raggruppamenti dei popoli e per i loro confini.
Fintanto che questa organizzazione dei popoli non si realizzerà su tutto il pianeta, sussisterà in ogni Paese una forma statale, che però morirà con la realizzazione della Weltkommune (Comune Mondiale) in una società mondiale senza classi.
La completa realizzazione dell'organizzazione nazionale del popolo si scontrerà dapprima contro la resistenza delle borghesie degli altri paesi che non possono accettare la realizzazione di una unità nazionale operata dal proletariato, pena la loro sparizione.
Ma la lotta di classe del proletariato non termina con la distruzione della borghesia nel proprio paese. La vittoria del proletariato in un paese è la premessa per l'abbattimento della borghesia in tutti i paesi.
Perciò il proletariato vincitore in un paese sosterrà la lotta di liberazione dei proletari di tutti i paesi aiutandoli a raggiungere la vittoria.
La rivoluzione proletaria realizzata su tutta la terra avrà come risultato l'abolizione dello sfruttamento e della schiavitù su tutta la terra e si realizzerà come libera unione delle Comuni economiche nazionali, come federazione delle nazioni, grazie a cui si svilupperà la Comune Mondiale.

(tratto dal blog NazionalBolscevismo, http://nazbol.splinder.com/archive/2009-02)

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