sabato 6 febbraio 2010

Il movimento dei Consigli in Germania (1919-1936), di Henk Canne Meijer (1968)

Il testo che segue non è l'opera di uno storico di Stato. Non ha quindi lo scopo di far ricordare dei fenomeni contingenti, di accumulare dei particolari legati ad una situazione particolare, ma di mettere in evidenza alcuni grandi tratti storici significativi. Si sforza ugualmente di mostrare come il fallimento del movimento per i consigli nella Germania degli anni '20 fu imputabile innanzitutto alla dominazione che i concetti tradizionali continuavano ad esercitare sulla mentalità operaia, e quanto è grande la necessità di proporre delle idee nuove in stretto rapporto con l'epoca in cui viviamo. Infine, mettendo in evidenza le estreme difficoltà di questo compito - perfino per dei militanti decisi e dalle idee avanzate, sottolinea implicitamente che la ricerca del nuovo nella lotta di classe e la propaganda per il nuovo mondo, sono uno dei rari mezzi di cui i partigiani della Räteidee (idea dei consigli) dispongono per agire in direzione del movimento generale autonomo di classe, quando esso si manifesta.

La rivoluzione scoppia
Nel novembre 1918 il fronte tedesco crollò. I soldati disertarono a migliaia. L'intera macchina da guerra rovinò. Nondimeno, a Kiel, gli ufficiali della flotta decisero di dare un'ultima battaglia: un'ultima battaglia per salvare 1'onore. Allora i marinai rifiutarono di servire. Questo non era il loro primo sollevamento, ma i tentativi precedenti erano stati repressi dai proiettili e dalle belle parole. Questa volta non v'erano più ostacoli immediati e la bandiera rossa si alzò su una nave da guerra, poi sulle altre. I marinai elessero dei delegati che formarono un Consiglio. Ormai i marinai erano obbligati a fare di tutto per generalizzare il movimento. Essi non avevano voluto morire in combattimento contro il nemico; ma se fossero rimasti nell'isolamento, le truppe "leali" sarebbero intervenute e, di nuovo, ci sarebbe stata la lotta e la repressione. Così i marinai sbarcarono e marciarono sul grande porto di Amburgo, e di là con il treno e con qualsiasi altro mezzo si sparsero per la Germania.
Il gesto liberatore era compiuto. Gli avvenimenti si susseguivano ora rigorosamente. Amburgo accolse i marinai con entusiasmo; soldati ed operai solidarizzarono con loro e anch'essi elessero dei Consigli. Benché questa forma di organizzazione fosse fino allora sconosciuta nella pratica, una vasta rete di Consigli Operai e di Consigli di Soldati, rapidamente, in quattro giorni, coprì il paese. Forse si era inteso parlare dei Soviets russi del 1917, ma allora pochissimo; la censura vigilava. In ogni caso, nessun partito, nessuna organizzazione aveva mai proposto questa nuova forma di lotta.

Precursori dei Consigli
Tuttavia, durante la guerra in Germania, degli organismi analoghi avevano fatto la loro apparizione nelle fabbriche. Essi erano formati nel corso degli scioperi da responsabili eletti, chiamati uomini di fiducia. Incaricati dal sindacato di piccole funzioni sul posto, questi ultimi, nella tradizione sindacale tedesca dovevano assicurare un legame tra la base e le centrali, trasmettere alle centrali le rivendicazioni degli operai. Durante la guerra queste lagnanze erano numerose (le principali vertevano. sull'intensificazione del lavoro e sull'aumento dei prezzi). Ma i sindacati tedeschi - come quelli degli altri paesi - avevano costituito un fronte unico con il governo, al fine di garantirgli la pace sociale in cambio di piccoli vantaggi per gli operai e della partecipazione dei dirigenti sindacali a diversi organismi ufficiali. Le "teste dure" erano, prima o poi, spedite nell'esercito in unità speciali. Era dunque difficile prendere pubblicamente posizione contro i sindacati.
Ben presto gli uomini di fiducia smisero d'informare le centrali sindacali, non ne valeva la pena, ma la situazione, e di conseguenza le rivendicazioni operaie rimanevano egualmente quelle che erano; allora essi si riunirono clandestinamente. Nel 1917, bruscamente, un'ondata di scioperi selvaggi dilagò nel paese. Spontanei, questi movimenti non erano diretti da un'organizzazione stabile e permanente, e se si svolgevano con una certa coerenza, è perché erano stati preceduti da discussioni e accordi tra le diverse fabbriche, contatti preliminari all'azione presi dagli uomini di fiducia di queste fabbriche.
In quei movimenti, provocati da una situazione intollerabile, in mancanza di un'organizzazione alla quale accordare una per quanto limitata fiducia, le diverse concezioni (socialdemocratica, cristiana, liberale, anarchica, ecc.) degli operai dovettero scomparire davanti alle necessità dell'ora; le masse lavoratrici erano obbligate a decidere direttamente, sulla base della fabbrica. Nell'autunno 1918, quei movimenti, fino allora sporadici e più o meno separati gli uni dagli altri, presero una forma precisa e generalizzata. A fianco delle amministrazioni classiche (polizia, rifornimenti, organizzazione del lavoro, ecc.) e talvolta anche, in parte, al loro posto, i Consigli Operai prendevano il potere nei centri industriali importanti: a Berlino, ad Amburgo, Brema, nella Ruhr e nella Germania centrale, in Sassonia. Ma i risultati furono scarsi. Perché?

Una facile vittoria
Questa carenza proviene dalla facilità stessa con la quale si formarono i Consigli Operai. L'apparato statale aveva perduto ogni autorità; se esso crollava qua e là, non era in conseguenza d'una lotta accanita e cosciente dei lavoratori. Il loro movimento incontrava il vuoto e si estendeva dunque senza difficoltà, senza che fosse necessario combattere e riflettere su quella lotta. Il solo obiettivo di cui si parlava era quello dell'insieme della popolazione: pace.
In questo vi era una differenza essenziale con la rivoluzione russa. In Russia, la prima ondata rivoluzionaria, la Rivoluzione di Febbraio, spazzò il regime zarista: ma la guerra continuava. Il movimento unito dei lavoratori trovava così una ragione per accentuare la sua pressione, di mostrarsi sempre più ardito e deciso. Ma in Germania l'aspirazione principale della popolazione, la pace, fu immediatamente appagata; il potere imperiale lasciava posto alla Repubblica. Quale sarebbe stata questa Repubblica?
Prima della guerra su questo punto non v'era alcuna divergenza tra i lavoratori. La politica operaia, in pratica come in teoria, era fatta dal partito social-democratico e dai sindacati, adottata ed approvata dalla maggioranza dei lavoratori organizzati. Per i membri del movimento socialista, formato nel corso della lotta per la democrazia parlamentare e per le riforme sociali, nutrito da questa lotta, lo Stato democratico borghese un giorno doveva essere la leva del socialismo. Sarebbe bastato acquistare una maggioranza in Parlamento, ed i ministri socialisti avrebbero nazionalizzato, passo a passo, la vita economica e sociale; questo sarebbe stato il socialismo.
Senza dubbio vi era anche una corrente rivoluzionaria, di cui Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg erano i più conosciuti rappresentanti. Tuttavia questa corrente non sviluppò mai delle concezioni nettamente opposte al socialismo di stato; essa costituiva soltanto un'opposizione in seno al vecchio partito; dal punto di vista della base questa corrente non si distingueva chiaramente dall'insieme.

Nuove concezioni
Tuttavia delle nuove concezioni videro la luce durante i grandi movimenti di massa del 1918-1921. Esse non erano la creazione di una pretesa avanguardia, ma delle masse stesse. Nella pratica, l'attività indipendente degli operai e dei soldati aveva ricevuto la sua forma organizzativa; i Consigli, questi nuovi organi agenti in un senso di classe. E poiché vi è uno stretto legarne tra le forme assunte dalla lotta di classe e le concezioni dell'avvenire, va da sé, che, qua e là, le vecchie concezioni cominciarono ad essere sconvolte. Al presente, i lavoratori dirigevano le proprie lotte al di fuori degli apparati dei partiti e dei sindacati; così prendeva corpo l'idea che le masse dovevano esercitare un'influenza diretta sulla vita sociale per mezzo dei Consigli. Allora vi sarebbe stata "dittatura del proletariato" come si diceva; una dittatura che non sarebbe stata esercitata da un partito, ma sarebbe stata l'espressione dell'unità infine realizzata di tutta la popolazione lavoratrice. Certo, una tale organizzazione della società non sarebbe stata democratica nel senso borghese del termine, poiché la parte della popolazione non partecipante alla nuova organizzazione della vita sociale, non avrebbe avuto voce né nelle discussioni né nelle decisioni.
Noi dicevamo che le vecchie concezioni cominciavano ad essere sconvolte. Ma presto divenne evidente che le tradizioni parlamentari e sindacali erano troppo profondamente radicate nelle masse per essere estirpate a breve termine. La borghesia, il partito socialdemocratico ed i sindacati fecero appello a quelle tradizioni per battere in breccia le nuove concezioni. Il partito, in particolare, a parole si felicitava di quel nuovo modo che le masse avevano per imporsi nella vita sociale. Arrivava perfino ad esigere che questa forma di potere diretto fosse approvata e codificata da una legge. Ma se in questo modo testimoniava loro la sua simpatia, il vecchio movimento operaio, nel suo insieme, rimproverava ai Consigli di non rispettare la democrazia, mentre li scusava in parte a causa della loro mancanza di esperienza dovuta alla loro nascita spontanea. Di fatto le vecchie organizzazioni rimproveravano ai Consigli di non lasciar loro un posto abbastanza grande ed anche di far loro concorrenza. Pronunciandosi per la democrazia operaia, i vecchi partiti e sindacati reclamavano che tutte le correnti del movimento operaio fossero rappresentate nei Consigli proporzionalmente alla loro rispettiva importanza.

Il tranello
La maggior parte dei lavoratori era incapace di confutare questo argomento: esso corrispondeva troppo alle loro vecchie abitudini. Così i Consigli Operai riunirono i rappresentanti del partito socialdemocratico, dei sindacati, dei socialdemocratici di sinistra, delle cooperative di consumo, ecc. come dei delegati di fabbrica. E' evidente che simili Consigli non erano più gli organi di gruppi di lavoratori, riuniti dalla vita della fabbrica, ma delle formazioni uscite dal vecchio movimento operaio ed operanti alla restaurazione capitalistica sulla base del capitalismo dello stato democratico.
Tutto questo significò la rovina degli sforzi operai. Infatti, i delegati ai Consigli non ricevevano più le loro direttive dalla massa, ma dalle loro differenti organizzazioni. Essi scongiuravano i lavoratori di rispettare e di fare rispettare "l'ordine" proclamando che "nel disordine, non v'è socialismo". In queste condizioni i Consigli persero rapidamente ogni valore agli occhi degli operai. Le istituzioni borghesi si rimisero a funzionare, senza preoccuparsi del parere dei Consigli; tal'era precisamente lo scopo del vecchio movimento operaio.
Il vecchio movimento operaio poteva essere fiero della sua vittoria. La legge votata dal Parlamento fissava nel dettaglio i diritti ed i doveri dei Consigli. Essi avrebbero avuto come compito di sorvegliare l'applicazione delle leggi sociali. Detto altrimenti, i Consigli divenivano degli ingranaggi dello Stato; essi partecipavano al suo buon funzionamento, invece di demolirlo. Cristallizzate nelle masse, le tradizioni si rivelavano più potenti dei risultati dell'azione spontanea.
Malgrado questa "rivoluzione abortita", non si può dire che la vittoria degli elementi conservatori sia stata semplice e facile. Il nuovo orientamento degli spiriti, nonostante tutto, era abbastanza forte perché centinaia di migliaia di operai lottassero con accanimento affinché i Consigli conservassero il loro carattere di nuove unità di classe. Furono necessari cinque anni di conflitti incessanti, e talvolta di combattimenti armati, il massacro di 35.000 operai rivoluzionari, perché il movimento dei Consigli fosse vinto definitivamente dal fronte unico della borghesia, dal vecchio movimento operaio e dalle guardie bianche formate dai signorotti prussiani e dagli studenti reazionari.

Correnti politiche
A grandi linee si possono distinguere quattro correnti politiche dal lato degli operai:
a) i socialdemocratici. Essi volevano nazionalizzare gradualmente le grandi industrie utilizzando la via parlamentare. Essi tendevano ugualmente a riservare ai sindacati soltanto il ruolo di intermediari tra i lavoratori ed il capitale di stato.
b) i comunisti. Ispirandosi più o meno all'esempio russo, questa corrente preconizzava un'espropriazione diretta dei capitalisti per opera delle masse. Secondo loro, gli operai rivoluzionari avevano il dovere di "conquistare" i sindacati e di "renderli rivoluzionari".
c) gli anarcosindacalisti. Essi si opponevano alla presa del potere politico e ad ogni stato. Secondo loro, i sindacati rappresentavano la formula dell'avvenire; bisognava lottare perché i sindacati prendessero un'estensione tale che sarebbero stati in grado, allora, di gestire tutta la vita economica. Uno dei più conosciuti teorici di questa corrente, nel 1920, scriveva che i sindacati non dovevano essere considerati come un prodotto transitorio del capitalismo, ma invece come i germi d'una futura organizzazione socialista della Società. Proprio all'inizio nel 1919, sembrò che l'ora di questo movimento fosse venuta. Quei sindacati si gonfiarono dal crollo dell'Impero tedesco. Nel 1920, i sindacati anarchici contavano all'incirca 200.000 membri.
d) Tuttavia, quello stesso anno, 1920, gli effetti dei sindacati rivoluzionari si ridussero. Una grande parte dei loro aderenti si dirigevano ora verso una tutt'altra forma di organizzazione, meglio adatta alle condizioni della lotta: l'organizzazione rivoluzionaria di fabbrica. Ogni fabbrica aveva, o doveva avere, la sua propria organizzazione, agente indipendentemente dalle altre, e che anche, in un primo stadio, non era collegata alle altre. Ogni fabbrica assumeva dunque l'aspetto di "repubblica indipendente", ripiegata su se stessa.
Senza dubbio, quegli organismi di fabbrica erano una realizzazione delle masse; tuttavia, bisogna sottolineare che esse apparivano nel quadro di una rivoluzione, se non vinta, almeno stagnante. Divenne presto evidente che gli operai non potevano, nell'immediato, conquistare ed organizzare il potere economico e politico per mezzo dei Consigli; bisognava innanzitutto sostenere una lotta senza risparmio contro le forze che si opponevano ai Consigli. Gli operai rivoluzionari cominciavano dunque a raccogliere le proprie forze in tutte le fabbriche, al fine di restare in presa diretta sulla vita sociale. Con la loro propaganda, essi si sforzavano di svegliare la coscienza degli operai, li invitavano ad uscire dai sindacati e ad aderire all'organizzazione rivoluzionaria di fabbrica; gli operai nel loro insieme, avrebbero potuto allora dirigere essi stessi le proprie lotte e conquistare il potere economico e politico su tutta la Società.
In apparenza, la classe operaia faceva così un grande passo indietro sul terreno della sua organizzazione. Mentre prima, il potere degli operai era concentrato in alcune potenti organizzazioni centralizzate ora si disgregava in centinaia di piccoli gruppi, che riunivano alcune centinaia o alcune migliaia di aderenti, secondo l'importanza della fabbrica. In realtà, quella forma si rivelava la sola che permettesse di porre le basi d'un potere operaio diretto; così, benché relativamente piccole, quelle nuove organizzazioni spaventavano la borghesia, la socialdemocrazia ed i sindacati.

Sviluppo delle organizzazioni di fabbrica
Tuttavia non era per principio che queste organizzazioni si tenevano isolate le une dalle altre. La loro apparizione era avvenuta qua e là, in modo spontaneo e separato, nel corso di scioperi selvaggi (tra i minatori della Ruhr, nel 1919, per esempio). Una tendenza si fece luce in vista di unificare tutti questi organismi e di opporre un fronte coerente alla borghesia ed ai suoi accoliti. L'iniziativa partì dai grandi porti, Amburgo e Brema; nell'aprile 1920, una prima conferenza d'unificazione si tenne ad Hannover, vi parteciparono delegazioni venute dalle principali regioni industriali della Germania. La polizia intervenne e disperse il Congresso. Ma arrivava troppo tardi. In effetti, l'organizzazione generale, unificata, era già fondata; essa aveva potuto mettere in bella copia i più importanti dei suoi principi d'azione. Quella organizzazione s'era data il nome di Unione Generale dei Lavoratori di Germania, AAUD (A1lgemeine Arbeiter Union-Deutschlands). L'AAUD aveva per principio essenziale la lotta contro i sindacati ed i Consigli di impresa legali, come il rifiuto del parlamentarismo. Ciascuna delle organizzazioni membre dell'Unione aveva diritto alla massima indipendenza ed alla più grande libertà di scelta nella sua tattica.
A quell'epoca in Germania, i sindacati contavano più membri di quanti non ne avevano mai avuti e di quanti dovevano averne poi. Così, nel 1920 i sindacati d'osservanza socialista raggruppavano quasi 8 milioni di persone che versavano quote nelle 52 associazioni sindacali; i sindacati cristiani avevano più di un milione di aderenti; e i sindacati padronali, i gialli, ne riunivano quasi 300.000. Inoltre, vi erano delle organizzazioni anarco-sindacaliste (FAUD) ed anche alcune altre che, un poco più tardi, dovevano aderire all'ISR (Internazionale Sindacale Rossa, dipendente da Mosca). All'inizio l'AAUD non riunì che 80.000 lavoratori (aprile 1920); ma la sua crescita fu rapida e, alla fine del 1920, questo numero passò a 300.000. Alcune delle organizzazioni che la componevano affermavano, è vero, un'eguale simpatia per la FAUD o l'ISR. Ma dal dicembre 1920, delle divergenze politiche provocarono una grave scissione in seno all'AAUD; numerose associazioni aderenti la lasciarono per formare una nuova organizzazione detta unitaria: l'AAUD-E. Dopo questa rottura, l'AAUD dichiarava di contare più di 200.000 membri, nel corso del suo IV Congresso (giugno 1921). In realtà, queste cifre già non erano più esatte: nel mese di marzo 1921, il fallimento dell'insurrezione nella Germania centrale aveva letteralmente decapitato e smantellato l'AAUD. Ancora debole, l'organizzazione non potè resistere in modo efficace ad un enorme ondata di repressione poliziesca e politica.

Il Partito Comunista Tedesco (KPD)
Prima di esaminare le diverse scissioni nel movimento delle organizzazioni di fabbrica, è necessario parlare del partito comunista (KPD). Durante la guerra, il partito socialdemocratico si tenne ai fianchi - o piuttosto dietro - le classi dirigenti e fece di tutto per assicurar loro "la pace sociale"; con l'eccezione tuttavia di una piccola frangia di militanti e di funzionari del partito dei quali i più conosciuti erano Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht. Questi ultimi facevano della propaganda contro la guerra e criticavano violentemente il partito socialdemocratico. Essi non erano completamente soli. Oltre al loro gruppo, la "Lega Spartaco", vi erano, tra gli altri, dei gruppi come gli "Internazionalisti" di Dresda e di Francoforte, i "Radicali di Sinistra" di Amburgo o la "Politica Operaia" di Brema. Dal novembre 1918 e dalla caduta dell'Impero, questi gruppi, formatisi alla scuola della "Sinistra" socialdemocratica, si pronunciarono per una lotta "di strada" destinata a forgiare un'organizzazione nuova, politica e che in una certa misura si sarebbe orientata sulla rivoluzione russa. Finalmente, un Congresso d'unificazione si tenne a Berlino e, dal primo giorno, fu fondato il partito comunista (30/12/18). Questo partito diventò immediatamente un luogo di raduno per numerosi operai rivoluzionari che esigevano "tutto il potere ai Consigli Operai".
Bisogna notare che i fondatori del KPD formarono, in una certa maniera, per diritto di nascita, i quadri del nuovo partito; dunque, con loro, essi vi introdussero spesso lo spirito della vecchia socialdemocrazia. Gli operai che affluivano ora nel KPD e in pratica si preoccupavano delle nuove forme di lotta, non osavano sempre affrontare i loro dirigenti, per rispetto della disciplina e, frequentemente, si piegavano a delle concezioni superate. "Organizzazioni di fabbrica", questa parola in effetti ricopre delle nozioni molto dissimili. Essa può designare, come pensavano i fondatori del KPD, una semplice forma d'organizzazione, e nulla di più, e dunque sottomessa a delle direttive che sono prese al di fuori di essa: si trattava della vecchia concezione. Essa può anche rimandare ad un insieme completamente diverso di atteggiamenti e di mentalità. In questo senso nuovo, la nozione d'organizzazione di fabbrica implica un rovesciamento delle idee ammesse fino ad allora a proposito di:
a) l'unità della classe operaia;
b) la tattica di lotta;
c) i rapporti tra le masse e la loro direzione;
d) la dittatura del proletariato;
e) i rapporti tra lo Stato e la Società;
e) il comunismo in quanto sistema economico e politico.
Ora, questi problemi si ponevano nella pratica delle nuove lotte; era necessario tentare di risolverli o sparire in quanto forze nuove. La necessità d'un rinnovamento delle idee. di conseguenza. si faceva urgente; ma i quadri del partito se avevano avuto il coraggio di abbandonare i loro vecchi posti ora non pensavano più che a ricostruire il nuovo partito sul modello del vecchio, evitando i suoi lati cattivi, dipingendo i suoi scopi di rosso e non più di rosa e di bianco. D’altra parte, va da sé che le idee nuove soffrivano d'una mancanza d'elaborazione e di chiarezza, che esse non si presentavano come un tutto armonioso, caduto dal cielo o da un unico cervello. Più prosaicamente, esse provenivano in parte dal vecchio fondo ideologico ed il nuovo stava accanto al vecchio e vi si mischiava. In breve i giovani militanti del KPD non si opponevano in modo massiccio e risoluto alla loro direzione, ma erano deboli e divisi su molte questioni.

Il parlamentarismo
Il KPD dalla sua fondazione, si divise sull'insieme dei problemi sollevati dalla nuova nozione delle "organizzazioni di fabbrica". Il governo provvisorio, diretto dal socialdemocratico Ebert, aveva annunciato le elezioni per una Assemblea costituente. Il giovane partito doveva partecipare a queste e elezioni, foss'anche per denunciarle? Questa questione provocò delle discussioni vivaci al Congresso. La grande maggioranza degli operai esigeva il rifiuto di ogni partecipazione alle elezioni. Al contrario, la direzione del partito, compresi Liebknecht e Luxemburg, si pronunciava per una campagna elettorale. Ai voti la direzione fu battuta, la maggioranza del partito si dichiarò antiparlamentarista. Secondo questa maggioranza, la Costituente aveva come solo obiettivo quello di consolidare il potere della borghesia dandogli una base "legale". Al contrario, gli elementi proletari del KPD tendevano soprattutto a rendere più attivi, "stimolare" i Consigli operai esistenti e che dovevano nascere; essi volevano dunque valorizzare la differenza tra democrazia parlamentare e democrazia operaia diffondendo la parola d'ordine: "tutto il potere ai Consigli operai".
La direzione del KPD vedeva in quest'antiparlamentarismo, non un rinnovamento, ma una regressione verso delle concezioni sindacaliste anarchiche, come quelle che si manifestarono all'inizio del capitalismo industriale. In realtà, l'antiparlamentarismo della nuova corrente non aveva granché in comune con il "sindacalismo rivoluzionario" e "l'anarchismo". Sotto molti esso ne rappresentava anche la negazione. Mentre l'antiparlamentarismo degli anarchici s'appoggiava sul rifiuto del potere politico, ed in particolare della dittatura del proletariato, la nuova corrente considerava l'antiparlamentarismo come una condizione necessaria alla presa del potere politico. Si trattava dunque d'un antiparlamentarismo "marxista".

I sindacati
Sulla questione delle attività sindacali, la direzione del KPD aveva, naturalmente, un modo di vedere diverso da quello della corrente "organizzazioni di fabbrica". Ciò diede egualmente luogo a delle discussioni, poco dopo il Congresso (e anche dopo l’assassinio di Karl e di Rosa). I sostenitori dei Consigli portarono avanti la parola d'ordine: "uscite dai sindacati! Aderite alle organizzazioni di fabbrica! Formate dei Consigli operai". Ma la direzione del KPD dichiarava: "rimanete nei sindacati!". Essa non pensava, è vero, di "conquistare" le Centrali sindacali, ma credeva possibile "conquistare" la direzione di alcune branche locali. Se questo progetto avesse preso corpo, allora si sarebbero potute riunire quelle organizzazioni locali in una nuova centrale che, questa volta, sarebbe stata rivoluzionaria.
Anche lì la direzione del KPD patì una sconfitta. La maggior parte delle sue sezioni rifiutarono di applicare le sue istruzioni. Ma la direzione decise di mantenere le proprie posizioni, foss'anche al prezzo dell'esclusione della maggioranza dei suoi membri; essa fu sostenuta dal partito russo e dal suo capo, Lenin, che nell'occasione redasse il suo nefasto opuscolo: L'estremismo, malattia infantile del comunismo. Questa operazione si fece al Congresso Heidelberg (ottobre 1919) in cui, con diverse macchinazioni, la direzione riuscì ad escludere in modo "democratico" più della metà del partito. Ormai il partito comunista tedesco era in condizioni di condurre la sua politica parlamentare e sindacale (con risultati piuttosto pietosi); l'esclusione dei rivoluzionari gli permise di unirsi, un poco più tardi (ottobre 1920) con una parte dei socialdemocratici di sinistra (e di quadruplicare il suo numero, ma solo per tre anni). Nello stesso tempo, il KPD perdeva i suoi elementi più combattivi e doveva sottomettersi incondizionatamente alla volontà di Mosca.

Il Partito Operaio Comunista (KAPD)
Qualche tempo dopo, gli esclusi formarono un nuovo partito: il KAPD. Questo partito manteneva dei rapporti stretti con l'AAUD. Nei movimenti di massa, che ebbero luogo nel corso degli anni seguenti, il KAPD fu una forza che contò. Si temeva tanto la sua volontà e la sua pratica d'azioni dirette e violente quanto la sua critica dei partiti e dei sindacati, la sua denuncia dello sfruttamento capitalistico sotto tutte le sue forme, ed innanzitutto la fabbrica, naturalmente; la sua stampa e le sue diverse pubblicazioni diedero spesso un contributo a ciò che la letteratura marxista offriva di meglio in quell'epoca di decadenza del movimento operaio marxista, e ciò benché il KAPD fosse ancora ingombro di vecchie tradizioni.

Il KAPD e le divergenze in seno all'AAUD
Lasciamo ora i partiti, e ritorniamo al movimento delle "organizzazioni di fabbrica". Questo giovane movimento dimostrava che importanti cambiamenti s'erano prodotti nella coscienza del mondo operaio. Ma queste trasformazioni avevano avuto varie conseguenze; diverse correnti di pensiero si rivelavano molto distintamente nell'AAUD. L'accordo era generale sui seguenti punti:
a) la nuova organizzazione doveva sforzarsi di crescere;
b) la sua struttura doveva essere concepita in modo da evitare la costituzione di una nuova cricca di dirigenti;
c) questa organizzazione avrebbe dovuto realizzare la dittatura del proletariato quando avesse raccolto milioni di membri.
Due punti provocarono degli antagonismi insormontabili:
a) necessità o no d'un partito politico al di fuori dell'AAUD;
b) gestione della vita economica e sociale.
All'inizio, l'AAUD non aveva che dei rapporti abbastanza vaghi con il KPD e anche queste divergenze non avevano una portata pratica. Le cose cambiarono con la fondazione del KAPD. L'AAUD cooperò strettamente con il KAPD e ciò contro la volontà d'un gran numero dei suoi aderenti, soprattutto in Sassonia, a Francoforte, Amburgo, ecc. (non bisogna dimenticare che la Germania era ancora estremamente decentralizzata, e questo frastagliamento si ripercuoteva anche sulla vita delle organizzazioni operaie). Gli avversari del KAPD denunciarono la formazione nel suo seno d'una "cricca di dirigenti" e, nel dicembre 1920, formarono l'AAUD-E (E = Einheitsorganisation, organizzazione unitaria) che respingeva ogni isolamento d'una parte del proletariato in un'organizzazione "specializzata", un partito politico.

La piattaforma comune
Quali erano gli argomenti delle tre correnti in questione? Vi era unità di vedute nell'analisi del mondo moderno. In generale, tutti riconoscevano che la società era cambiata: nel XIX secolo il proletariato formava solo una ristretta minoranza nella società; esso non poteva lottare solo e doveva cercare di conciliarsi con le altre classi, donde la strategia democratica di Marx. Ma quei tempi erano finiti una volta per sempre, almeno nei paesi sviluppati d'occidente. Là il proletariato costituiva ora la maggioranza della popolazione mentre gli strati della borghesia s'unificavano dietro al grande Capitale, esso stesso unificato. Ormai la rivoluzione era il compito del solo proletariato. Essa era inevitabile, poiché il capitalismo era entrato nella sua crisi mortale (non si dimentichi che quest'analisi data dagli anni '20 e '30).
Se la Società era cambiata, almeno in Occidente, allora anche la stessa concezione del comunismo doveva cambiare. D'altronde si rivelava che le vecchie idee, applicate dalle vecchie organizzazioni, rappresentavano tutto il contrario d'una emancipazione sociale. E' per esempio, ciò che sottolineava nel 1924 Otto Rühle, uno dei principali teorici dell'AAUD-E:
"La nazionalizzazione dei mezzi di produzione, che continua ad essere il programma della socialdemocrazia e, nello stesso tempo, quello dei comunisti, non è la socializzazione. Attraverso la nazionalizzazione dei mezzi di produzione, si può arrivare ad un capitalismo di Stato fortemente centralizzato, che forse avrà una certa superiorità sul capitalismo privato, ma ciò nondimeno sarà sempre capitalismo".
Il comunismo sarà prodotto dall'azione degli operai, dalla loro lotta attiva e soprattutto da "essi stessi". Perciò, era innanzitutto necessario che si creassero nuove organizzazioni. Ma cosa sarebbero queste organizzazioni? Su questo punto le opinioni divergevano e questi antagonismi sfociarono in diverse scissioni. Mentre la classe operaia cessava progressivamente d'avere un'attività rivoluzionaria, mentre le sue formazioni ufficiali non portavano avanti che un'azione tanto spettacolare quanto derisoria, coloro che volevano agire non facevano che esprimere, con l'azione disperata la decomposizione generale del movimento operaio. Nondimeno non è inutile ricordare qui lo loro divergenze.

La doppia organizzazione
Il KAPD respingeva l'idea di partito di massa, nello stile leninista che prevalse dopo la Rivoluzione russa, e sosteneva che un partito rivoluzionario è necessariamente il partito d'una élite, piccolo dunque, ma basato sulla qualità e non sul numero. Il partito, raccogliendo gli elementi meglio educati del proletariato, avrebbe dovuto agire come un lievito nelle masse, cioè diffondere la propaganda, mantenere la discussione politica, ecc.
La strategia che esso raccomandava era la strategia classe contro classe, basata contemporaneamente sulla lotta nelle fabbriche ed il sollevamento armato e talvolta anche, come preliminare, l'azione terroristica (attentati, espropri di banche, di gioiellerie, ecc. frequenti agli inizi degli anni' 20). La lotta nelle fabbriche diretta dai comitati d'azione avrebbe creato l'atmosfera e la coscienza di classe necessarie alle lotte di massa e condotto masse di lavoratori sempre più larghe a mobilitarsi per le lotte decisive.
Herman Gorter, uno dei principali teorici di questa corrente, giustificava cosi la necessità d'un piccolo partito politico comunista:
"La maggioranza dei proletari sono nell'ignoranza. Essi hanno delle deboli nozioni d'economia e di politica, non sanno granché degli avvenimenti nazionali e internazionali, dei rapporti che esistono tra questi ultimi e dell'influenza che essi esercitano sulla rivoluzione. Essi non possono accedere al sapere in ragione della loro situazione di classe. E' per questo che essi non possono agire al momento giusto. Essi agiscono quando non dovrebbero e non agiscono quando dovrebbero. Cosi sbagliano molto spesso".
Così il partito selezionato avrebbe avuto una missione educatrice, sarebbe servito da catalizzatore al livello delle idee. Ma il compito di raggruppare progressivamente le masse, di organizzarle, sarebbe spettato all'AAUD, appoggiata su una rete d'organizzazioni di fabbrica, ed il cui obiettivo essenziale sarebbe stato di controbattere e ridurre l'influenza dei sindacati; con la propaganda, certo, ma anche e soprattutto con azioni accanite, quelle "d'un gruppo che mostra nella sua lotta ciò che deve divenire la massa" diceva ancora Gorter. Finalmente, nel corso della lotta rivoluzionaria, le organizzazioni di fabbrica si sarebbero trasformate in Consigli Operai, comprendenti tutti i lavoratori e direttamente sottoposti alla loro volontà e al loro controllo. In breve, la "dittatura del proletariato" non sarebbe stata null'altro che una AAUD estesa all'insieme delle fabbriche tedesche.

Gli argomenti dell'AAUD-E
Opposta al partito politico separato dalle organizzazioni di fabbrica, l'AAUD-E voleva edificare una grande organizzazione unitaria che avrebbe avuto per compito di condurre la lotta pratica diretta delle masse e anche d'assumere la gestione della società sulla base del sistema dei Consigli Operai. Così dunque, la nuova organizzazione avrebbe avuto degli obiettivi contemporaneamente economici e politici. Da un lato questa concezione differiva dal "vecchio sindacalismo rivoluzionario" che affermava di essere ostile alla costituzione d'un potere politico specificamente operaio e alla dittatura del proletariato. Da un altro lato, l'AAUD-E, pur ammettendo che il proletariato è debole, diviso e ignorante, e che un insegnamento continuo gli è dunque necessario non vedeva tuttavia l'utilità di un partito di élite, stile KAPD. Le organizzazioni di fabbrica bastavano a questo ruolo d'educazione poiché la libertà di parola e di discussione vi era assicurata.
E' caratteristico che l'AAUD-E indirizzasse al KAPD una critica nello "spirito KAP": secondo l'AAUD-E, il KAPD era un partito centralizzato, dotato di dirigenti professionali e di redattori stipendiati, che si distingueva dal partito comunista ufficiale solo per il suo rigetto del parlamentarismo; la "doppia organizzazione" non era niente altro che l'applicazione d'una politica della "doppia mangiatoia" a vantaggio dei dirigenti. La maggior parte delle tendenze dell'AAUD-E, per quanto la riguardava, respingevano l'idea di dirigenti remunerati: "né tessere, né statuti, niente di questo genere", si diceva. Alcuni giunsero perfino a fondare delle organizzazioni anti-organizzazioni.
Grosso modo dunque, l'AAUD.E sosteneva che se il proletariato è troppo debole o troppo cieco per prendere delle decisioni nel corso delle sue lotte, non è una decisione presa da un partito che potrà porvi rimedio. Nessuno può agire al posto del proletariato ed esso deve, da se stesso, superare i suoi propri difetti, senza di che sarà vinto e pagherà pesantemente il prezzo del proprio fallimento. La doppia organizzazione è una concezione superata, ricordo della tradizione: partito politico e sindacati.
Questa separazione tra le tre correnti: KAPD, AAUD e AAUD-E ebbe delle conseguenze nella pratica. Così durante l'insurrezione della Germania centrale, nel 1921, che fu scatenata e condotta in gran parte da elementi del KAPD (allora ancora riconosciuto come simpatizzante della III Internazionale), l'AAUD-E rifiutò di partecipare a questa lotta destinata, secondo essa, a camuffare le difficoltà russe e la repressione di Kronstadt.
Nonostante uno sbriciolamento continuo, affrettato da polemiche molto vivaci e molto spesso ingarbugliate da questioni di persone, ad onta di eccessi provocati da una delusione e da una disperazione profonda, "lo spirito KAP", cioè l'insistenza sull'azione diretta e violenta, la denunzia appassionata del capitalismo e dei suoi luogotenenti operai di tutti i colori politici e sindacali (compresi "i padroni di palazzo" di Mosca), esercitò per lungo tempo una sensibile influenza nelle masse. Bisogna aggiungere che tutte queste tendenze disponevano d'una stampa importante,(1) generalmente alimentata con denaro di provenienza illegale, e che spesso ridotti alla disoccupazione, a causa del loro comportamento sovversivo, i loro membri erano estremamente attivi, nella strada, nelle riunioni politiche, pubbliche, ecc.

Il disinganno
Si era creduto che la repentina crescita delle organizzazioni di fabbrica nel 1919 e 1920, sarebbe continuata con la stessa cadenza nel corso delle lotte future. Si era creduto che le organizzazioni di fabbrica avrebbero potuto diventare un grande movimento di massa, raggruppando "milioni e milioni di lavoratori coscienti" i quali avrebbero controbilanciato il potere dei sindacati sedicenti operai. Partendo dall'ipotesi che il proletariato non può lottare e vincere che come classe organizzata, si credeva che i lavoratori avrebbero elaborato strada facendo una nuova e sempre crescente organizzazione permanente. E' dalla crescita dell'AAUD e dell'AAUD-E che si poteva misurare lo sviluppo della combattività e della coscienza di classe.
Dopo un periodo di accelerata espansione economica (1923-1929), si aprì un nuovo periodo di lotte, che doveva portare nel 1933 alla legale presa del potere da parte degli hitleriani. Intanto l'AAUD, il KAPD e l'AAUD-E ripiegavano sempre più su loro stesse. Alla fine non rimanevano che alcune centinaia di aderenti, vestigia delle grandi organizzazioni di fabbrica del periodo precedente, il che significava l'esistenza di piccoli gruppi dispersi, su un totale di venti milioni di proletari. Le organizzazioni di fabbrica non erano più delle organizzazioni generali dei lavoratori, ma dei nuclei di comunisti consiliari coscienti. Da allora, sia l'AAUD che l'AAUD-E, acquistarono il carattere di piccoli partiti politici, anche se la loro stampa pretendeva il contrario.

Le funzioni
E' soprattutto il piccolo numero di aderenti, che trasformò, alla lunga, le organizzazioni di fabbrica in partito politico? No è stato un cambiamento di funzioni. Benché le organizzazioni di fabbrica non avessero mai avuto il compito dichiarato di dirigere uno sciopero, di negoziare con i padroni, di formulare delle rivendicazioni (era compito degli scioperanti), l'AAUD e l'AAUD-E erano delle organizzazioni di lotta pratica. Si limitavano ad attività di propaganda e di sostegno. Tuttavia, incominciato lo sciopero, le organizzazioni di fabbrica si occupavano in gran parte della sua organizzazione: la stampa dell'organizzazione era la stampa dello sciopero, organizzavano le assemblee di scioperanti e gli oratori erano spesso membri dell'AAUD o dell'AAUD-E. Ma il compito di negoziare con i padroni spettava al comitato di sciopero, in cui i membri delle organizzazioni di fabbrica non rappresentavano il loro gruppo come tale, ma gli scioperanti che li avevano eletti e davanti ai quali essi erano responsabili.
Il partito politico KAPD aveva un'altra funzione. Il suo compito consisteva soprattutto nella propaganda, nell'analisi economica e politica. Al momento delle elezioni esso faceva propaganda anti-parlamentare per denunciare la politica borghese degli altri partiti, fare appello alla formazione di comitati d'azione nelle fabbriche, nei mercati, tra i disoccupati, ecc. il cui compito era di spingere le masse, "istintivamente alla ricerca di nuovi orizzonti", a liberarsi dalle vecchie organizzazioni.

Mutamento di funzioni
Ma di fatto, dopo la sconfitta e la repressione sanguinosa del 1921 e poi con l'ondata di prosperità che non tardò a manifestarsi, queste funzioni divennero puramente teoriche. Da allora l'attività di queste organizzazioni fu ridotta alla pura propaganda e all'analisi, cioè ad un'attività da raggruppamento politico. Scoraggiati dall'assenza di prospettive rivoluzionarie, la maggior parte degli aderenti abbandonò l'organizzazione. La diminuzione degli effettivi ebbe anche come conseguenza che la fabbrica non costituì più la base dell’organizzazione. Ci si riuniva in base al quartiere, in una birreria, dove qualche volta si cantava alla tedesca, in coro, lentamente, i vecchi canti operai di speranza e di rabbia.
Non vi era più grande differenza tra il KAPD, l'AAUD e l' AAUD-E. Praticamente i membri dell'AAUD e del KAPD erano gli stessi in riunioni nominalmente diverse e quelli dell'AAUD-E erano membri di un gruppo politico, anche se lo chiamavano con un altro nome. Anton Pannekoek, il marxista olandese che fu uno dei loro ispiratori teorici, scriveva a questo proposito (1927):
"L'AAUD, come il KAPD, costituiscono essenzialmente un'organizzazione che ha come scopo immediato la rivoluzione. In altri tempi, in un periodo di declino della rivoluzione, non si sarebbe assolutamente potuto pensare di fondare una tale organizzazione. Ma essa è sopravvissuta agli anni rivoluzionari; i lavoratori che un tempo la fondarono e combatterono sotto le sue bandiere non vogliono che l'esperienza di queste lotte si perda e la conservano come un germoglio per gli sviluppi futuri".
Tuttavia, con tre partiti politici dello stesso colore, ce n'erano due di troppo. Con l'aumento dei pericoli, mentre si affermava la viltà senza nome delle vecchie e sedicenti potenti organizzazioni operaie, mentre i nazisti intraprendevano trionfalmente il cammino che doveva portarli dove tutti sappiamo, l'AAUD nel dicembre 1931, già separata dal KAPD, si fuse con l'AAUD-E; solo alcuni elementi restarono nel KAPD, e alcuni altri dell'AAUD-E passarono nei ranghi degli anarchici. Ma la maggior parte delle rimanenti organizzazioni di fabbrica si riunirono in una nuova organizzazione, la KAUD (Kommunistische Arbeiter Union: Unione Operaia Comunista), esprimendo così l'idea che la nuova organizzazione non era più un'organizzazione generale (come lo era la AAUD, per esempio) che riunisse tutti i lavoratori animati da volontà rivoluzionaria, ma solamente lavoratori comunisti coscienti.

La classe organizzata
La KAUD esprimeva dunque il cambiamento sopravvenuto nelle concezioni dell'organizzazione. Questo cambiamento aveva un senso; bisogna ricordarsi di ciò che aveva significato sino ad allora la nozione di "classe organizzata". L'AAUD e l'AAUD-E avevano creduto in un primo tempo che sarebbero state loro stesse ad organizzare la classe operaia, che milioni di operai avrebbero aderito alla loro organizzazione. Era in fondo un'idea molto vicina a quella dei sindacalisti rivoluzionari di altri tempi che si aspettavano di vedere i lavoratori aderire ai propri sindacati: allora la classe operaia sarebbe stata infine una classe organizzata.
Ora la KAUD invitava gli operai ad organizzarsi da sé per creare i comitati d'azione e creare dei legami tra questi comitati. In altre parole la lotta di classe "organizzata" non dipendeva più da un'organizzazione costruita prima di qualsiasi lotta. Secondo questa nuova concezione la "classe organizzata" diventava la classe operaia in lotta sotto la propria direzione.
Questo cambiamento delle concezioni aveva naturalmente conseguenze in numerose questioni: la dittatura del proletariato, per esempio. Infatti, dato che la "lotta organizzata" non era più compito esclusivo di organizzazioni specializzate nella sua direzione, queste ultime non potevano più essere considerate gli organismi della dittatura del proletariato. Contemporaneamente scompariva il problema che, fino a quel momento, era stata la causa di molteplici conflitti: chi, fra il KAPD e l'AAUD avrebbe dovuto esercitare o organizzare il potere. La dittatura del proletariato non sarebbe più stata appannaggio di organizzazioni specializzate, si sarebbe trovata nelle mani della classe in lotta, che si sarebbe impadronita di tutti gli aspetti, di tutte le funzioni della lotta. Il compito della nuova organizzazione, la KAUD, si riduceva dunque alla propaganda comunista chiarendo gli obiettivi, incitando la classe operaia alla lotta contro i capitalisti e le vecchie organizzazioni, soprattutto per mezzo dello sciopero selvaggio, mostrando in esso la sua forza e la sua debolezza. Questa attività non era meno indispensabile. La maggior parte dei membri della KAU continuavano a pensare che "senza un'organizzazione rivoluzionaria capace di colpire duro, non poteva esserci una situazione rivoluzionaria come dimostrò la rivoluzione del 1917 e, in senso contrario, la rivoluzione tedesca del 1918".(2)

La società comunista e le organizzazioni di fabbrica
Questa evoluzione nelle idee doveva necessariamente accompagnarsi ad una revisione dei presupposti concernenti la società comunista. In linea di massima l'ideologia dominante negli ambienti politici e tra le masse era basata sulla creazione del capitalismo di Stato. Beninteso, vi erano parecchie sfumature, ma tutta questa ideologia poteva essere riportata ad alcuni principi molto semplici: lo Stato, per mezzo delle nazionalizzazioni, dell'economia controllata, delle riforme sociali ecc. sarebbe stato il tramite che avrebbe permesso di realizzare il socialismo, mentre l'azione parlamentare e sindacale rappresentavano l'essenziale dei metodi di lotta. Da allora i lavoratori non lottarono affatto come una classe indipendente, mirante prima di tutto a realizzare i propri fini, e dovettero affidare la gestione e la direzione della lotta di classe a capi parlamentari e sindacali. Va da sé che in questa ideologia partito e sindacato apparivano agli occhi degli operai come degli elementi costitutivi dello Stato, a cui aspettava la gestione e la direzione della futura società comunista.
Durante una prima fase, quella che seguì la repressione dei tentativi rivoluzionari in Germania, questa tradizione impregnava ancora fortemente le concezioni dell'AAUD, del KAPD e dell'AAUD-E. Tutti e tre si pronunciavano per un'organizzazione che raggruppasse "milioni e milioni" di aderenti, con lo scopo di esercitare la dittatura politica ed economica del proletariato. Così l'AAUD dichiarava, nel 1922, di essere in grado di assumere, per quanto la riguardava, sulla base dei propri effettivi, la gestione del 6% delle fabbriche tedesche. Ma ora queste concezioni vacillavano. Fino ad allora le centinaia di organizzazioni di fabbrica, riunite e coordinate dall'AAUD e dall'AAUD-E, reclamavano il massimo d'indipendenza riguardo alle decisioni da prendere, e facevano del loro meglio per evitare la formazione di "un nuova cricca di dirigenti". Sarebbe stato possibile tuttavia conservare questa indipendenza in seno alla vita sociale comunista? La vita economica è altamente specializzata, e tutte le imprese sono strettamente interdipendenti. Come si sarebbe potuta gestire la vita economica se la produzione e la ripartizione delle ricchezze sociali non si fossero ricollegate a qualche istanza centralizzatrice? Lo Stato, in quanto regolatore della produzione e organizzatore della ripartizione, non sarebbe stato indispensabile?
Su questo punto vi era una contraddizione tra le vecchie concezioni della società comunista e le nuove forme di lotta che ora si preconizzavano. Si temeva la centralizzazione economica e le sue conseguenze chiaramente dimostrate dai fatti; ma non si sapeva come premunirsene. La discussione verteva sulla necessità e il grado più o meno grande di "federalismo" o di "centralismo". L'AAUD-E tendeva piuttosto verso il federalismo; KAPD e l'AAUD inclinavano verso il centralismo. Nel 1923 Karl Schröder,(3) teorico del KAPD proclamava che "più la società comunista sarà centralizzata, meglio sarà".
Infatti, fino a che si restava sulle vecchie concezioni di "classe organizzata" questa contraddizione restava insolubile. Da una parte ci si ricollegava più o meno alle vecchie concezioni del sindacalismo rivoluzionario, "presa di possesso" delle fabbriche da parte dei sindacati; d'altra parte, come i bolscevichi, si pensava che una struttura centralizzatrice, lo Stato, deve regolare il processo di produzione e ripartire il "prodotto nazionale" tra gli operai.
Nondimeno, una discussione sulla società comunista, partendo dal dilemma "federalismo o centralismo", è assolutamente sterile. Questi problemi sono dei problemi di organizzazione, dei problemi tecnici, mentre la società comunista è, prima di tutto, un problema economico. Al capitalismo deve succedere un altro sistema economico, in cui i mezzi di produzione, i prodotti, la forza-lavoro non rivestano la forma-valore, e in cui lo sfruttamento della popolazione lavoratrice a profitto di settori privilegiati sia scomparso. La discussione su "federalismo o centralismo" è priva di senso se non si è mostrato prima quale sarà la base economica di questo "federalismo" o di questo "centralismo". Infatti, le forme di organizzazione di una economia, non sono, in generale, forme arbitrarie; esse derivano dai principi stessi di questa economia. Così per esempio, il principio del profitto e del plusvalore, della sua appropriazione privata o collettiva, si trovano alla base di tutte le forme assunte da un'economia capitalista. E perciò non è sufficiente presentare l'economia comunista come un sistema negativo: niente denaro, niente mercato, niente proprietà privata o statale. E' necessario mettere in luce il suo carattere di sistema positivo, mostrare quali saranno le leggi economiche che succederanno a quelle del capitalismo. Ciò probabilmente dimostrerà che l'alternativa "federalismo o centralismo" è un falso problema.

La fine del movimento in Germania
Prima di esaminare più a fondo questo problema, non è inutile ricordare il destino, nella pratica, della corrente nata dalle organizzazioni rivoluzionarie di fabbrica.
L'AAUD si era separata dal KAPD alla fine del 1929. La sua stampa preconizzava allora una "tattica flessibile": il sostegno delle lotte operaie che avessero come unico scopo le rivendicazioni salariali, il riordinamento delle condizioni o dell'orario del lavoro. Più rigido, il KAPD vedeva in questa tattica l'inizio di uno scivolamento verso la collaborazione di classe, la "politica del mercanteggiamento". Dopo l'espulsione del proprio dirigente Scharrer(4) colpevole di aver "patteggiato" con il nemico pubblicando un romanzo con la casa editrice del partito comunista tedesco, il KAPD finì per esaltare il ricorso al terrorismo individuale come mezzo per portare le masse alla coscienza di classe. Marinus van der Lubbe, l'incendiario del Reichstag, era legato a questa corrente. Dando fuoco allo stabile in cui si trovava il Parlamento, egli voleva con un gesto simbolico incitare i lavoratori ad uscire dal loro letargo politico.
Entrambe queste tattiche non ebbero risultati. La Germania attraversava allora una crisi economica estremamente profonda, i disoccupati pullulavano; non vi erano scioperi selvaggi, dato che nessuno si curava delle direttive sindacali, e i sindacati collaboravano strettamente con i padroni e con lo Stato. La stampa dei comunisti consiliari era frequentemente sequestrata; ma in ogni caso i suoi appelli alla formazione di comitati d'azione autonomi non avevano alcuna eco. Ironia: la sola grande lotta selvaggia di quel periodo, quella dei trasporti berlinesi (1932) fu organizzata da bonzi staliniani e hitleriani contro i bonzi socialisti dei sindacati.
Dopo l'arrivo legale di Hitler al potere, i militanti delle varie tendenze furono arrestati e chiusi in campi di concentramento, dove la maggior parte di loro scomparve. Nel 1945 alcuni sopravvissuti furono giustiziati su ordine della GPU, al momento dell'entrata in Sassonia delle truppe russe. Ancora nel 1952 a Berlino-ovest un vecchio capo dell'AAUD, Alfred Weiland fu prelevato in piena strada e trasportato all'Est, per vedersi condannato ad una pesante pena detentiva.
Oggi non vi è più traccia in Germania delle diverse correnti di comunisti consiliari. La liquidazione degli uomini ha causato quella delle idee di cui erano portatori, mentre l'espansione e la prosperità orientavano gli spiriti verso altre direzioni.

Note
(1) Si considerava nel KAP che la redazione dei giornali dovesse essere "mutevole", vale a dire presa in carico a turno dalle differenti sezioni locali del partito; ciò al fine di evitare la formazione di una "cricca" specializzata nella manipolazione. Ma mancano dettagli su quest'esperienza del più alto interesse, che fu effettivamente messa in pratica. Bisogna riconoscere tuttavia che la lettura dei diversi organi di "Ratekommunismus" in generale non permette di scoprire delle differenze sensibili d'idee, di presentazione, ecc. da un numero all'altro.
(2) "Rätekorrespondenz", n. 2, novembre 1932 (organo clandestino ciclostilato, della KAU, la cui stampa, in quel periodo, era regolarmente sequestrata dalle autorità socialdemocratiche prussiane).
(3) Karl Schröder (1844-1950) combattente spartachista, sul cui capo fu messa una taglia, poi dirigente professionista del KAPD, da cui fu espulso nel 1924; divenne in seguito funzionario del partito socialista. Fu uno dei rari dirigenti di questo partito ad organizzare una resistenza al nazismo. Condannato nel 1936 con altri vecchi della KAPD, ha oggi un posto onorevole nel "martirologio" del socialismo.
(4) Adam Scharrer (1889-1948) fabbro, poi combattente spartachista. In seguito dirigente professionista del KAPD dal quale è espulso nel 1930. Come Schröder, è un romanziere, ma si orienta nell'altra direzione: a partire dal 1934 risiede a Mosca. Era considerato in Germania orientale un "pioniere della letteratura proletaria". Va da sè che certi aspetti del suo passato restano nascosti al pubblico.

(Henk Canne Meijer, Il movimento dei Consigli in Germania (1919-1936), Edizioni Gemenweisen, Roma, 1991 (paper); riprodotto anche in "Left Wing Communism", http://www.left-dis.nl/index.htm)

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